sabato 26 gennaio 2013

IL MITO DEL NULLA


Mi soffermo di nuovo sulla vicenda Corona. 
L'inaspettato epilogo mi ha colpito, davvero. Profonde riflessioni sono nate in me, motivate soprattutto dall'eccessiva attenzione che i media hanno dato a questo evento. 
Neanche fosse stato catturato Matteo Messina Denaro! 
Addirittura l'intervista sull'aereo che lo riportava in Italia....non commento. 
In aggiunta, ascoltando i commenti "da bar" soprattutto degli adolescenti, ho avuto l'esatta percezione di come Corona viene visto e giudicato. 
Un eroe, un Mito. 
Uno che ha sfidato il sistema, che ha vissuto alla grande. E che alla fine di questa triste vicenda, è scappato solo per dimostrare che se voleva poteva farsi beffe dell'Italia e delle sue leggi. 
Per un coach è importante comprendere profondamente il significato dei Miti, specialmente quando si segue un adolescente. Il Mito può essere un modello, magari positivo, di progetto di vita, di passione autentica, di tendenza verso il futuro. In questo caso mi sono veramente sforzato di vedere questo mito, Fabrizio Corona, da diversi angoli visuali. Ebbene, il mio sforzo ha partorito sempre lo stesso risultato. 
Trattasi di mito di cartapesta, vuoto, senza significato, senza trascendenza né positività, senza valori né vocazioni. 
Insomma, un buco nero che fagocita tutto ciò che incontra. Ovviamente mi sono posto delle domande. Che modello era il padre di Corona? Uomo di valori e sostanza, un siciliano tipico insomma. Oppure un'ameba senza ruolo che nulla ha inciso nel percorso di identificazione del Sè di suo figlio? Come mai l'intero percorso di vita di Corona è contraddistinto da un solo aggettivo: arrivista della peggior specie. Quale la motivazione profonda del suo vivere? 
E' evidente che il soggetto concepisce un solo tipo di felicità, cioè il piacere di breve termine, immediato, che si assapora come un buon sigaro o un whisky di marca; oppure una fantastica e invidiabile donna o ancora una splendida inarrivabile automobile.Ecco, ci siamo, ci stiamo avvicinando. 
Corona infatti ha vissuto a 300 all'ora, scavalcando tutto e tutti, correndo all'impazzata senza un vero obiettivo ma mostrando gli eccessi simbolici del suo arrivismo, soldi, auto, donne, locali, amicizie, notorietà; godendo sguaiatamente e schiaffeggiando con i suoi successi ed eccessi anche i suoi stessi cortigiani. 
Non ha potuto rispettare regole perchè regole non ne aveva. 
Il Mito però si è presto sgonfiato, impattando duramente contro la realtà. 
Già, la realtà. 
In questo mondo virtuale, pregnato di social e media, dove è facile nascondersi dietro profili roboanti e tweet intelligenti; dove ogni nostro sogno e desiderio viene consegnato pari pari al personaggio televisivo di turno, annullando i nostri pensieri, il nostro intelletto ed i nostri valori; in questo mondo, dicevo, così combattuto tra artifizio e concretezza, la realtà lo ha duramente richiamato ad una dimensione niente lazzi e fischi, nulla di patinato e simbolicamente inarrivabile; ma essenziale e scarno come solo il codice di procedura penale può essere. Già, perchè il sig. Fabrizio Corona, alias il Mito, l'ha fatto fuori dal vaso, in questo suo folle viaggio sulle ali dell'eccesso. Si chiama estorsione, e lui si è beccato una condanna niente male in ultimo grado di giudizio. 
Vale a dire niente bustarella alla prigione di Monopoli ma dritti in galera! 
E che mi combina il Mito? In un delirio di onnipotenza mi contesta il verdetto! Neanche fosse Berlusconi, ma siamo matti? Ma, udite udite, si mette paura per la sua incolumità fisica! Non si fida delle carceri italiane! Ma come, il Mito? Quello che correva a 300 all'ora, che assaporava donne, champagne e caviale come noi pucciamo il cornetto nel cappuccio? Quello che si faceva riprendere mentre tutto tatuaggi e muscoli sferzanti picchiava duro un sacco d'allenamento. Già, un sacco. Quello ha il merito che sta zitto, le prende, non si ribella e se ne torna buono buono in posizione. Le forze dell'ordine no, ti seguono fino in Portogallo mio caro Mito, perchè alla fine, la legge è uguale per tutti! Questo il valore, così è e così dovrebbe essere, sempre! Ma andiamo oltre. Mi chiedo, ma cosa inseguiva di così importante nella sua vita il Mito? Perchè tutta questa foga, questa ostentazione, questo nulla mentale, valoriale e di significato? Perchè sprecare comunque un talento, perchè è innegabile che di creatività, perseveranza e audacia ne è ben dotato il Mito. Poniamoci allora la stessa domanda da un angolo visuale diverso. 
Da cosa fuggiva il Mito? 
Ecco, direi che abbiamo fatto centro. Credo che il Mito fuggisse da Sè. Fuggisse da un Sè, magari in età adolescenziale, percepito come troppo debole, troppo "normale", troppo "ordinario"; quando intorno a sè vedeva crescere l'ostentazione, il successo senza merito e senza competenza, il possesso come documento d'identità. Solo così posso spiegare questa folle corsa del Mito, del suo Vuoto pneumatico e dell'Assenza di Significato, verso l'ultimo show: diventare il Mito del Nulla

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